Editoriale/Editorial

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La Redazione

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L’articolo che segue di Lagorio S. e Vecchia P.: Una corte italiana riconosce l’origine professionale di un neurinoma del trigemino in un utilizzatore di telefoni mobili: un esempio concreto dei problemi connessi alla valutazione delle evidenze scientifiche in ambito legale merita di essere posto alla attenzione dei lettori de La Medicina del Lavoro per almeno due ordini di motivi: il primo, perché affronta una delle tipiche problematiche di confine con le quali la disciplina si sta confrontando in questi anni (gli eventuali effetti nocivi per la salute dei campi elettromagnetici, ed in particolare gli effetti conseguenti all’uso dei telefoni cellulari); il secondo, perché pone un interessante interrogativo, che riguarda nello specifico il ruolo degli esperti nei contesti legali ma, più in generale, chiama in causa la professione svolta da molti lettori della Rivista.
Se per il primo motivo (effetti dei telefonini) non sarebbe di per sé necessaria una presentazione del lavoro da parte della Redazione, il secondo motivo (ruolo degli esperti) necessita invece di qualche parola di introduzione.
Che i lettori della Rivista siano chiamati come esperti a svolgere questo compito in diversi contesti, tra cui quello legale, è notorio, e l’articolo che segue, attraverso la descrizione di un caso pratico, suggerisce alcune domande ed alcune riflessioni sul modo con cui tale ruolo può essere esercitato nel caso sia da valutare l’evidenza scientifica. L’esempio segnala l’opportunità di una riflessione della disciplina sul tema, opportunità che la Redazione intende cogliere chiamando i lettori della Rivista ad esprimersi: lettere, commenti, esperienze, e tutto ciò che può essere utile per un approfondimento. E per aprire la discussione la Redazione ha sollecitato un primo contributo al prof. Giorgio Trenta dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - INFN, Frascati - Roma, contributo che segue il lavoro di Lagorio S. e Vecchia P.
A completamento della informazione si segnala che anche sulla Rivista Epidemiologia e Prevenzione si è aperto un dibattito sull’argomento, a partire proprio dallo stesso caso concreto che viene presentato qui su La Medicina del Lavoro.
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