Mesoteliomi maligni nelle confezioni abbigliamento: un’ulteriore fonte di esposizione ad amianto / Malignant mesothelioma in garment sewing-machine workers

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P.G. Barbieri
A. Somigliana
R. Girelli, et al.

Keywords

Abstract

In Italia, la presenza di una sorveglianza epidemiologica del mesotelioma, coordinata dal Registro Nazionale Mesoteliomi (Re.Na.M) ha favorito lo sviluppo di indagini volte ad identificare possibili esposizioni professionali ad amianto in alcuni settori lavorativi dove questa era sospettata, tra cui il tessile. Sono state così evidenziate esposizioni prima ignorate, che hanno permesso di ridurre il numero di casi precedentemente definiti ad esposizione ad amianto “ignota”; frazione che rimane comunque consistente, nell’ampia casistica di mesoteliomi approfonditi a livello nazionale. Il Registro Mesoteliomi della provincia di Brescia ha individuato, nel periodo 1980-2006, 10 casi che avevano lavorato nel comparto delle confezioni abbigliamento. Sei lavoratori erano stati occupati in piccole imprese dopo gli anni ’60 e 4 erano sarti artigiani. Valutando le possibili fonti di esposizione ad amianto, l’attenzione si è soffermata anche sulle macchine da cucire impiegate dagli anni ’50, generalmente rappresentate dalle marche Necchi, Pfaff , Singer, Rimoldi. Si è potuto dimostrare che, fino ai primi anni ’90, nei motori di queste macchine erano installate frizioni in amianto che consentivano di arrestare il movimento dell’ago mantenendo il motore elettrico in funzione. Questo era collocato sotto il piano di lavoro della macchina da cucire, il cui uso comportava l’azionamento molto frequente della frizione e la conseguente dispersione di fibre di amianto attraverso le fenditure del carter per il raffreddamento del motore. Altre fonti di dispersione di fibre erano rappresentate dalla frequente presenza di manufatti in amianto sulle apparecchiatura per lo stiro, con funzione di isolamento termico, e dalla presenza negli ambienti di lavoro di tubature, generalmente coibentate con materiali contenenti amianto, per il convogliamento del vapore agli impianti di stiratura. I risultati di questa indagine suggeriscono che anche ai casi di mesotelioma che hanno lavorato nel settore confezioni abbigliamento, indicativamente a partire dagli anni ’50 e utilizzando macchine da cucire di tipo industriale e/o macchine per stiratura, può essere attribuita almeno la categoria di “esposizione professionale possibile”, secondo i criteri del Re.Na.M 2003. Adeguati approfondimenti negli ambienti di lavoro dovrebbero essere sempre effettuati quando l’anamnesi lavorativa non permetta di identificare esposizioni professionali ad amianto.

Malignant mesothelioma in garment sewing-machine workers
Background: Due to poor information collected through patient interviews, a considerable number of malignant mesothelioma (MM) cases still remain classified as “unknown” asbestos exposure in the Italian Mesotelioma Registry (Re.Na.M). At the same time, some occupational asbestos exposures, which were previously unknown, have been demonstrated in certain types of work, i.e., in agriculture and in the textile industry. Objectives: The aim of this research was to investigate the possible past occupational exposure to asbestos in clothing workers using sewing-machines. Methods: The MM cases were collected from the Mesothelioma Registry of Brescia.Work histories were obtained via a standardized questionnaire. Investigations were conducted in sewing-machine maintenance workshop in order to collect information regarding the possible use of asbestos parts. In addition, the use of asbestos friction materials and the use of insulated asbestos materials was checked in the clothing divisions by interviewing the management and maintenance workers of two companies where cases of MM were observed. Results: The Mesothelioma Registry of Brescia identified and collected 10 MM cases with past work in the clothing industry: 6 used sewing-machines and 4 were self-employed tailors. The search for asbestos materials gave positive results as the use of friction materials had been widespread since the 1950’s in all types of sewing-machines; in addition, asbestos materials were used to insulate some parts of the ironing equipment and the steam pipelines. Conclusion: The results of this investigation suggest assigning at least “possible occupational asbestos exposure” to those cases employed in clothing manufacture since the 1950’s, who used sewing-machines or pressing machines, according to the Re.Na.M guidelines. Other possible occupational exposures to asbestos in this working sector cannot be excluded; when the simple interview of patients does not reveal such exposures further investigations are needed in order to demonstrate all the possible circumstances of exposure.
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